Compostabile e Biodegradabile
Compostabile
La compostabilità consiste nella capacità di un materiale organico di partenza di trasformarsi in compost (fertilizzante in agricoltura, oppure per la produzione di biogas), sfruttandone appunto la biodegradabilità. I requisiti di compostabilità industriale degli imballaggi sono definiti da una norma europea (EN 13432:2000), adottata in Italia dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI EN 13432).
Nel caso discusso avanti al Giurì n. 40/19, prima dell’introduzione della norma europea, si lamentava l’ingannevolezza dei claim relativi ad una nuova confezione di gelato, presentata come riciclabile e compostabile, in quanto suscettibili di indurre il pubblico a ritenere che tali confezioni potessero essere smaltite all’interno dei sistemi di compostaggio domestico, mancando, ad avviso dell’istante, chiare indicazioni sui comportamenti da adottare per lo smaltimento dei rifiuti.
Il messaggio è stato ritenuto accettabile dal Giurì laddove informava correttamente il consumatore sulle tecniche di smaltimento dei rifiuti, istituendo un collegamento tra compostabilità e rifiuto umido, per sensibilizzare il consumatore sull’utilità della raccolta differenziata.
Più di recente il Giurì ha avuto modo di affrontare il tema della pubblicità di un assorbente igienico biodegradabile e compostabile (conforme alla norma tecnica UNI EN ISO 13432) di cui venivano lamentate le scarse avvertenze per il consumatore sulla fase di smaltimento – canale di raccolta dei rifiuti “umido/organico” salvo verifica della situazione del Comune di appartenenza – ritenendo che si trattasse di una promessa illusoria in quanto ben pochi Comuni in Italia consentono ancora un effettivo smaltimento degli assorbenti igienici nell’organico (pron. n. 9/23).
Ad avviso del Giurì, tuttavia, non si può imporre a un’azienda che comunica quanto fatto ed ottenuto per migliorare la situazione ambientale , di farsi carico anche di ciò che dipende da condotte altrui (i Comuni) sulle quali non ha il minimo controllo. Pertanto laddove informi il pubblico che il prodotto è compostabile e quali sono le indicazioni sullo smaltimento la comunicazione può considerarsi corretta.
Diverso, sempre nel caso esaminato, il vanto ambientale “il 90% in meno di emissioni di CO2”, che risultava non corretto perché se il prodotto non è trattato in un impianto di compostaggio la riduzione delle emissioni di CO2 è nella misura del 50% e non del 90%, e dato che la larga maggioranza dei Comuni non avvia i prodotti in questione agli impianti di compostaggio diviene evidente il carattere decettivo del vanto, che promette un risultato chimerico.
Biodegradabile
Il claim “completamente biodegradabile” può essere potenzialmente ingannevole. Come nel caso di una pubblicità per promuovere detersivi: il claim era veritiero solo riferito alle materie prime vegetali impiegate, non anche agli additivi privi di efficacia detergente (quali i profumi) e neppure alle confezioni. Ad avviso del Giurì, in assenza di chiarimenti, il claim “completamente biodegradabile” viene inteso dal pubblico quale sinonimo di “integralmente, al 100%” (completa degradazione senza residui del materiale) dissonante rispetto la normativa (Reg. CEE 648/2004 relativo ai detergenti nell’Allegato III) che definisce la “biodegradabilità completa” la degradazione almeno del 60% entro un termine di 28 giorni (pron. n. 17/2013).
In coerenza a questa decisione il Giurì ha confermato (pron. n. 39/2018) la necessità di un contemperamento tra la legittimità dell’uso dell’espressione “completamente biodegradabile” se sussistono i requisiti previsti dalla normativa, e la necessità di informare il consumatore, con un’apposita avvertenza, che tale termine deve essere inteso alla luce del Regolamento CEE 648/2004, per suggerire appunto che si tratta di una definizione tecnica e non “letterale”.