Pronuncia | n. 79/2016 del 10/03/2017 |
Parti | Comitato di Controllo c. Mobisafe Distribution It. S.r.l. |
Mezzi | Stampa |
Prodotto | Dispositivo per tutelarsi dalle radiofrequenze e dai campi elettromagnetici emessi dai cellulari ‘Skudowave’ |
Messaggio | “Il piacere di telefonare in sicurezza” – “Riduce significativamente il rischio di alterazione del DNA che può verificarsi appoggiando alla testa il cellulare in trasmissione” |
Presidente | Ferrari |
Relatore | Cartella |
Dispositivo | «Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata è in contrasto con l’art. 2 CA e ne ordina la cessazione.»
Art. 2 – Comunicazione commerciale ingannevole |
Il Comitato di Controllo ha chiesto l’intervento del Giurì nei confronti di Mobisafe Distribution Italia S.r.l., in relazione al messaggio pubblicitario “Il piacere di telefonare in sicurezza”, relativo al dispositivo “Skudowave”, ritenendolo in contrasto con gli artt. 2 e 8 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Il messaggio è volto a pubblicizzare un dispositivo per il cellulare che applicato ad esso ne ridurrebbe “significativamente il rischio di alterazione al DNA”, facendo riferimento a IARC (Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro), che ha classificato le radiofrequenze nel gruppo 2B, che comprende i possibili agenti cancerogeni per l’uomo, e al Ministero della Salute che suggerisce di limitare l’uso del cellulare, specie riguardo ai bambini.
Ad avviso del Comitato, il messaggio attribuirebbe al prodotto pubblicizzato effetti che allo stato non sono conclusivamente dimostrati, così fuorviando il consumatore. Inoltre il messaggio sfrutterebbe la paura del consumatore verso i rischi per la salute, riportando dichiarazioni terze per attestare impropriamente, in modo definitivo, che radiofrequenze e campi elettromagnetici producono effetti negativi.
La resistente ha eccepito che l’efficacia del prodotto pubblicizzato sarebbe confermata anche dall’Università di Perugia, che ha rilasciato nel 2008 un rapporto di valutazione relativamente al dispositivo “Geoprotex”, nome precedente di “Skudowave”. In relazione alla contestazione dell’art. 8 sottolinea che il messaggio si limiterebbe a richiamare un rischio condiviso a livello scientifico in merito ai danni al DNA delle cellule esposte a campi elettromagnetici.
Il Giurì, non entrando nel merito dell’efficacia in genere del prodotto pubblicizzato, né sul tipo di efficacia, ha ritenuto che la comunicazione commerciale contestata non sia conforme al Codice di Autodisciplina. Anzitutto ha ritenuto ambiguo il riferimento a IARC, in quanto estende i rischi cancerogeni per l’uomo derivanti dai campi magnetici emessi dalle radiofrequenze ai campi elettromagnetici emessi dal telefono cellulare e alle sue radiofrequenze. In realtà ciò che viene preso in considerazione è il campo elettromagnetico, che sarebbe peraltro di debole intensità. L’effetto biologico della penetrazione delle onde elettromagnetiche nel corpo umano è il riscaldamento: non sono noti effetti sulla salute derivanti dall’esposizione, a lungo termine; né gli studi scientifici allo stato hanno dimostrato correlazioni significative tra l’esposizione ai campi magnetici e un’aumentata insorgenza di cancro in adulti o bambini. Ad avviso del Giurì, il messaggio non è quindi supportato dalla documentazione depositata dall’inserzionista: i test esibiti mancano di significatività tecnica, oltre che statistica. La stessa resistente ha ammesso che pure se si accertasse un danno biologico, ciò non proverebbe che il danno biologico determini un danno alla salute. Il messaggio è invece secondo il Giurì particolarmente perentorio e mira a suggestionare il consumatore oltre misura, per indurlo a desiderare di possedere il dispositivo che consente di ripararsi dal rischio. Il Giurì ha però osservato che da un lato non esiste conferma scientifica di tali rischi, dall’altro, i test prodotti a supporto dell’efficacia del dispositivo pubblicizzato non sono ad avviso del Giurì attendibili, trattandosi peraltro solo di due test di cui uno in vitro.
Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata è in contrasto con l’art. 2 CA e ne ordina la cessazione.